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Come anticipato nell’articolo di ieri, esistono diversi sistemi speculativi nella filiera del caffè che, in genere, tendono a ridurre il valore a favore dei primi anelli della filiera, ovvero quelli della coltivazione e prima trasformazione nei paesi di origine. Grazie all’aumentata attenzione da parte del consumatore e di molti imprenditori verso il tema etico, si è introdotto il concetto di commercio equo.

Ma cosa significa, nel concreto, scegliere un caffè equo?

Il Commercio equo è stato definito come “un partenariato commerciale basato sul dialogo, la trasparenza e il rispetto, che mira ad una maggiore equità nel commercio internazionale. Contribuisce allo sviluppo sostenibile offrendo migliori condizioni commerciali a produttori
svantaggiati e lavoratori, particolarmente nel Sud, e garantendone i diritti.
Le organizzazioni del Commercio Equo, col sostegno dei consumatori, sono attivamente impegnate a supporto dei produttori, in azioni di sensibilizzazione e in campagne per cambiare regole e pratiche del commercio internazionale convenzionale.”

 

Il Commercio Equo si basa su un modello di commercio che, diversamente dal commercio internazionale tradizionale, prevede una più equa distribuzione dei profitti tra produttori, importatori e consumatori, in modo da garantire ai produttori più svantaggiati un accesso diretto al mercato e maggiori diritti. Nel Commercio Equo i produttori sono soggetti di uno sviluppo sostenibile e non più oggetti di sfruttamento. E i consumatori sono consapevoli delle loro scelte
d’acquisto, conoscono la provenienza dei prodotti, le condizioni di produzione, il contesto in
cui operano i produttori, scelgono in modo critico cosa consumare.
Tutto si fonda sulla fiducia e il rispetto reciproci, la cooperazione e la collaborazione. Il Commercio Equo “umanizza” le relazioni economiche, accorciando la catena di intermediazione che, nel commercio tradizionale, separa fisicamente e culturalmente il produttore dal consumatore.

Questi principi sono la base di tutte le azioni e le relazioni interne al Commercio Equo, articolati in
base ai diversi contesti di produzione e ai diversi prodotti.
Il caffè è sempre stato uno dei prodotti più importanti per il commercio equo e solidale. Nel
1973 Fair Trade Organisatie dei Paesi Bassi ha importato per la prima volta il caffè equo da
cooperative di piccoli produttori del Guatemala.
Oggi il caffè equo è diventato un concetto e sempre più persone scelgono di bere il caffè equo.
I criteri stabiliti dal commercio equo sul caffè sono:
• Acquisto diretto: il caffè proviene sempre direttamente dalle organizzazioni di piccoli
coltivatori allo scopo di evitare le intermediazioni speculative.
• Prezzo equo: un bonus di 5$ centesimi/libbra (454 gr.) al di sopra del prezzo del mercato
mondiale ed un prezzo minimo garantito (1,26$ per il caffè arabica). In questo modo la
retribuzione del produttore è svincolata dalle logiche finanziarie speculative dei contratti
futures.

 

• Pre-finanziamento: credito fino ad un massimo del 60% del prezzo di vendita garantito
all’inizio del raccolto, per fronteggiare le difficoltà derivanti dalla scarsità di capitale iniziale
e dall’impossibilità di accedere ai canali di credito istituzionali
• Garanzia: contratti annuali, che stabiliscono gli acquisti di caffè e una cooperazione a
lungo termine, che garantiscono una collaborazione più stabile e continuativa. All’interno di
tali contratti è indicata anche la clausola secondo cui il prezzo deve essere determinato
direttamente dal produttore.
Il commercio equo è quindi a sostegno dei piccoli produttori, che riescono così a trovare vie
d’accesso dirette al mercato, sottraendosi allo sfruttamento dei coyotes locali e alle
speculazioni degli operatori finanziari. Un processo che mira all’auto-sostentamento e l’auto-determinazione e permette condizioni di vita dignitose per i contadini che coltivano il caffé e le
loro famiglie.