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Dopo la pizza, anche il caffè napoletano potrebbe diventare patrimonio immateriale dell’umanità. La Regione Campania, a firma del presidente Vincenzo De Luca, ha inviato al comitato italiano dell’agenzia Onu il dossier che avvia l’iter per l’inserimento del “caffè espresso napoletano” nella lista che già include dieci tra unicità campane – come il centro storico di Napoli – e risorse condivise con altri territori, dalla dieta mediterranea alla transumanza.

 

 

A dover diventare patrimonio dell’umanità, secondo la Regione, non è solo la squisitezza del caffè espresso ma il suo valore sociale e culturale. Già, perché a Napoli ‘a tazzulella ‘e cafè’ è ben più di una veloce pausa corroborante. “Il caffè è un rito tutto napoletano che ha dato vita a tradizioni diffuse ovunque, come quella del caffè sospeso che evoca il senso dell’ospitalità, solidarietà e convivialità. Il dossier, redatto da un gruppo di esperti professori universitari, antropologi e giuristi, sintetizza questa dimensione – si spiega dalla Regione – e racconta il valore identitario della cultura del caffè, per i napoletani, i campani, e tutti gli italiani”.

A confermarlo, basta scorrere le mille immagini che turismo, televisione, cinema, musica e teatro hanno associato al rito del caffè: dalla preparazione meticolosa a domicilio immortalata da Eduardo in ‘Questi fantasmi’ alla Tazzulella ’e cafè cantata da Pino Daniele in chiave più amara e disincantata. Per non parlare della pausa caffè che tanti presidenti della Repubblica – da De Nicola a Leone, da Ciampi a Napolitano e Mattarella – hanno voluto concedersi in uno dei locali storici più famosi d’Italia, il Gambrinus di piazza del Plebiscito.

 

 

Piacere del palato, momento conviviale, occasione di dialogo e conoscenza (“prendiamo un caffè” è ormai sinonimo di due chiacchiere in tranquillità, o forse dell’inizio di un corteggiamento), il caffè a queste latitudini è ossimoro di se stesso: bevanda stimolante ma anche pausa di relax, in uno stile di vita sospeso tra il piacere slow e la ricarica delle energie.

Senza dimenticare l’indotto economico: lo sanno benissimo i baristi napoletani, sacerdoti del rito quotidiano sospeso dal lockdown con gravi perdite, e che ora confidano nell’Unesco per ripartire con una marcia in più. A Napoli e sotto gli occhi del mondo, aspettando il ritorno del grande turismo internazionale.