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Finalmente siamo tornati a goderci tutto il piacere che può dare il caffe bevuto nella tazzina al bar. Momenti di pura felicità come leggiamo anche in un libro che ha avuto di recente tantissimo successo. All’Accademia del Caffè Espresso si ha la consapevolezza che il caffè non è mai solo una semplice bevanda in tazzina, perché dietro c’è storia, cultura, territori, persone e, prima di tutto, natura: tutto nasce da una pianta. È un arbusto diffuso nelle zone equatoriali e tropicali con fiori che danno vita a bacche rosse, ciascuna delle quali contiene due semi: i chicchi. Da questi dipende buona parte del futuro del pianeta, perché il caffè è la seconda commodity, dopo il petrolio, per interesse economico e il modo in cui è coltivato può fare la differenza per l’ambiente, ma anche per chi lo fa e quindi per chi lo beve.

Conoscere l’attività di ricerca dell’Accademia del Caffè Espresso è sicuramente un buon punto di partenza per esplorare questo ecosistema, così familiare a tutti noi, ma ancora, per tanti versi, misterioso. L’Accademia ha avviato un progetto visionario per produrre in modo rispettoso dell’ambiente e dei coltivatori, una delle piante da cui dipende il futuro del mondo, facendo della sostenibilità economica, ambientale e sociale il punto cardine di tutto processo.

 

I visitatori in Accademia trovano una piantagione di caffè, la bevanda resa eccellente dalla tecnologia italiana di altissimo livello de La Marzocco, un viaggio virtuale nelle piantagioni che trova la sua espressione nella tazzina. L’Accademia vanta anche una fondamentale collaborazione con Stefano Mancuso, scienziato di fama mondiale, professore di Arboricoltura e Etologia vegetale all’Università di Firenze, che dirige il Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale ed è cofondatore i Pnat (Project Nature): spin off dell’ateneo fiorentino che studia il modo in cui le piante possono aiutarci nella soluzione dei grandi problemi contemporanei, dal disinquinamento dell’acqua a quello dei terreni. Ora Pnat, insieme all’Accademia, si sta focalizzando sul caffè: sta analizzando campioni provenienti da alcuni dei principali Paesi produttori per valorizzarne l’identità, indagare le componenti chimiche e genetiche della pianta, e capire qual è il modo migliore per coltivarla in maniera sostenibile, ottenendo risultati di altissima qualità. Un piano di ricerca triennale dell’Accademia, guidato internamente dall’agronomo Massimo Battaglia e che, oltre al professor Stefano Mancuso con Pnat, coinvolge anche ENEA, l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico-sostenibile e, come partner nei paesi di origine, gli enti garanti del caffè di El Salvador (CSC) Honduras (IHCAFE), Costa Rica (ICAFE) e Guatemala (ANACAFE), oltre Cup of Excellence.

 

Lo studio avviato con Pnat è una delle tante attività dell’Accademia del Caffè, che sorge nella vecchia fabbrica de La Marzocco situata nelle colline toscane, lungo la strada che collega Firenze e Fiesole, raccontato sin dai primi diari dei viaggiatori stranieri come luogo “ove si squaderna la meraviglia, il sindrome del bello, la felicità perfetta.” L’Accademia è un pezzo di archeologia industriale italiana con spazi espositivi che raccontano storia e tecnologia del caffè anche attraverso il prezioso archivio aziendale, laboratori dove si impara l’arte dell’espresso, una serra dove è riprodotto l’ambiente e il microclima di una piantagione che consente di respirare il profumo di una coltivazione e di ammirarne la bellezza permettendo ai visitatori di capire davvero cosa c’è dietro a una tazzina. Un luogo aperto a tutti gli appassionati e i cultori, e dove la scienza studia come rendere il mondo un posto migliore.