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Uno studio intitolato “Effect of Different Coffee Brews on Tryptophan Metabolite-Induced Cytotoxicity in HT-29 Human Colon Cancer Cells”, recentemente pubblicato sulla rivista Antioxidants, condotto dai gruppi di ricerca FoodLab di Alberto Ritieni, docente del dipartimento di Farmacia e quello di Michela Grosso, docente del dipartimento di Medicina molecolare e Biotecnologie mediche dell’ateneo Federico II, oltre al laboratorio di Chimica degli alimenti e tossicologia dell’università di Valencia in Spagna ha infatti dimostrato che tale abitudine può avere un’attività protettiva per l’intestino.

La salute e lo stato di benessere dell’organismo sono solidamente associati allo stile di vita e soprattutto al tipo di alimentazione seguito. Se nel passato determinate tradizioni alimentari erano solo oggetto di narrazione orale, gli studi chimici, biochimici o nutrizionali nell’ambito della nutraceutica possono fornire un’evidenza scientifica a supporto della bontà di alcune scelte. In questo contesto si inserisce l’abitudine che vede due terzi degli italiani consumare almeno due tazzine di caffè espresso al giorno.

In particolare, questo studio è stato mirato a valutare i potenziali effetti protettivi del caffè in presenza di livelli elevati di scatolo prodotti dal metabolismo della microflora intestinale in condizioni di eccessiva assunzione di proteine animali e/o di alterato equilibrio delle popolazioni del microbiota intestinale (disbiosi). Infatti, se prodotto in quantità eccessive, lo scatolo costituisce un potente stimolo pro-infiammatorio e può avere un ruolo nella progressione e nella patogenesi di patologie come la sindrome dell’intestino irritabile (IBD) e nello sviluppo di forme tumorali del colon-retto.

Lo studio condotto nella linea cellulare di cancro del colon umano HT-29 ha mostrato che l’esposizione allo scatolo induce stress ossidativo e un aumento del rilascio di molecole pro-infiammatorie quali TNF-α, IL-1β, IL-8 e IL12. Rispetto alle cellule trattate solo con scatolo, il co-trattamento con estratti di caffè è risultato essere in grado di ridurre sia la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS), e quindi lo stato di stress ossidativo, che il rilascio di molecole pro-infiammatorie. Questi risultati dimostrano quindi che il caffè può contrastare gli effetti avversi dei composti putrefattivi come lo scatolo modulando lo stress ossidativo ed esercitando un’attività antinfiammatoria nei colonociti, suggerendo così che l’assunzione di caffè può migliorare le condizioni di salute in presenza di alterato metabolismo del microbiota intestinale.

Lo studio ha, inoltre, dimostrato che tali effetti protettivi sono dipendenti anche dal tipo di preparazione del caffè (espresso, americano o solubile) con effetti più protettivi per il caffè espresso rispetto sia al caffè americano che al caffè solubile. Questi risultati sono in accordo con quanto da noi osservato in studi precedenti che avevano dimostrato che il caffè espresso presenta un maggiore contenuto di polifenoli, con particolare riferimento ai tre isomeri dell’acido caffeilchinico (CQA) che costituiscono dal 66% al 71% dei polifenoli totali nel caffè espresso. Questi composti sono potenti antiossidanti e inibiscono l’espressione dei fattori infiammatori indotti dalla disbiosi. Quindi, i polifenoli presenti nella tazzina di caffè espresso hanno effetti antinfiammatori contrastando gli effetti deleteri dello scatolo nei casi di disbiosi.