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Il caffè è una delle bevande più diffuse e amate al mondo ma al contempo anche una di quelle in grado di generare maggiori dibattiti tra medici e nutrizionisti.

C’è infatti chi sostiene che sia assolutamente benefico per la salute e chi invece che lo sia molto meno e che non si dovrebbe esagerare.

Farsi un’idea precisa facendosi largo tra le numerose tesi può sembrare difficile ma la realtà è che non esiste una verità assoluta, ma che molto dipenda dagli aspetti che si prendono in considerazione, dalle condizioni di salute di partenza delle persone e dal loro stile di vita.

Se alcune tazzine di caffè al giorno non sortiscono infatti alcun effetto su chi si trova in un generale stato di buona salute, potrebbero essere pericolose per persone che soffrono di pressione alta perché ne aumenterebbe il rischio di morte dovuta a ictus o infarto.

Questo quanto emerso da un recente studio giapponese.

Nonostante il caffè sia ricco di preziosi e benefici antiossidanti, non si deve dimenticare che contiene anche alte percentuali di caffeina, un potente stimolante naturale che influisce in modo negativo su diverse funzioni dell’organismo, tra le quali la routine del sonno e, soprattutto, la salute cardiovascolare.

Proprio su quest’ultimo aspetto si è focalizzata l’attenzione di una nuova ricerca giapponese, pubblicata sul Journal of the American Heart Association, che ha stabilito che le persone con pressione sanguigna molto alta dovrebbero limitare fortemente il consumo di caffè nell’arco della giornata. Basterebbe infatti berne un paio di tazze al giorno per vedere il rischio di morire a causa di infarto, ictus o altri tipi di malattie cardiovascolare raddoppiare.

Attenzione però, l’esperimento è stato condotto con misurazioni americane, e una tazza corrisponde a 8 once, quindi 240 ml.

Trattandosi di caffè lungo però la comparazione con l’espresso italiano non può essere fatta solo sulla base della grandezza della tazza.

Una di caffè lungo, infatti, contiene da 80 a 100 milligrammi di caffeina, mentre un espresso, pur essendo solitamente di circa 35 può contenere tra i 50 e gli 80 mg di caffeina e una tazzina da 50 ml fatta con la moka fino a 120 mg.

Il caffè non avrebbe invece lo stesso effetto su persone con livelli di pressione sanguigna più bassi, che secondo la ricerca a fronte di un’assunzione analoga non ne risentirebbero.

Quest’ultimo aspetto non stupisce e non è affatto una novità visto che già studi precedenti lo avevano svelato, spingendosi addirittura a suggerire che una tazza di caffè al giorno potesse aiutare a ridurre il rischio di morte a seguito di un infarto o a prevenire ipertensione e infarti e ictus negli adulti sani.

A rendere innovativo il recente lavoro è invece il fatto che sia riuscito a fare chiarezza su alcuni aspetti specifici fino ad oggi ignorati e a dimostrare che bere troppo caffè in alcuni soggetti può portare a conseguenze molto gravi.

«Il nostro studio mirava a determinare se il noto effetto protettivo del caffè sul cuore si applicasse anche a individui con diversi gradi di ipertensione. Oltre a questo abbiamo anche esaminato gli effetti del tè verde nella stessa popolazione», ha infatti spiegato Hiroyasu Iso, autore senior dello studio e direttore dell’Institute for Global Health Policy Research presso il National Center for Global Health and Medicine di Tokyo.

Nello stesso frangente è stata infatti anche analizzata l’eventuale incidenza del consumo di tè verde, che però nonostante contenga anch’esso caffeina è risultato ininfluente.

Lo studio ha coinvolto un numero complessivo piuttosto alto di partecipanti: 6.574 uomini e 12.035 donne che hanno deciso di aderire al Japan Collaborative Cohort Study for Evaluation of Cancer Risk tra il 1988 e il 1990 e che sono state seguiti fino al 2009.

Provenienti da 30 comunità giapponesi diverse, tutte le persone avevano un’età compresa tra 40 e 79 anni quando si sono iscritte al programma e dopo aver auto dichiarato il proprio consumo di caffè e tè giornaliero, la loro alimentazione, lo stile di vita e la storia clinica sono state osservate per l’arco di tempo stabilito e valutate avvalendosi di questionari e auto dichiarazioni ma anche di dati relativi ai loro esami sanitari.

Per stabilire l’impatto del caffè, il consumo è stato auto riportato e la pressione sanguigna misurata in un unico punto, senza che le variazioni siano state prese in considerazione.

Alla fine dell’osservazione è stato quindi rilevato che i partecipanti con ipertensione grave che bevevano due o più tazze di caffè al giorno avevano un rischio doppio di morire a causa di malattie cardiovascolari, rispetto a chi non beveva affatto caffè.

Anche limitarsi a una sola tazza di caffè o sostituire quest’ultimo con una qualsiasi quantità di tè verde non aumenterebbe il rischio, indipendentemente dal livello di pressione sanguigna.