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Sono trascorsi alcuni anni dall’invenzione delle prime macchine a leva, come la Gaggia Gilda e la Faemina e sull’onda del loro successo a fine anni ‘50 sono già numerose le invenzioni di nuovi modelli. Tra questi La Peppina nasce nel 1957 grazie a Felice Arosio, che a scanso di equivoci, chiama l’azienda FE-AR utilizzando le iniziali del suo nome. Felice Arosio non era un principiante illuminato, anzi aveva alle spalle un progetto decisamente importante e destinato a durare nel tempo, l’invenzione della Faemina, in collaborazione con Ernesto Valente, come risulta dal brevetto originale Faema del 1952. Il successo della Faemina lo stimola a progettare e produrre una propria macchina a leva, sperimentando nuovi materiali e meccanismi al fine di ridurre i costi e proporre un design accattivante. Nasce così La Peppina.

Numerose sono le novità che ribaltano i canoni tradizionali: la leva inserita nella base che aziona il pistone a molla che spinge l’acqua dal basso, la caldaia in metallo smaltato, il cavo di alimentazione rimovibile. La Peppina si può suddividere in tre componenti principali: la base che contiene il meccanismo leva-molla-pistone, il gruppo erogatore che include anche la resistenza e l’espulsore automatico, la caldaia smaltata con il relativo coperchio.

Di particolare interesse è il meccanismo di espulsione automatica del cavo di alimentazione. Il coperchietto forato sulla sinistra comprime le molle e si aggancia alla piastrina interna. Il surriscaldamento del gruppo causa la deformazione della piastrina interna che sgancia il coperchietto mentre le molle forniscono la spinta necessaria a scollegare il cavo di alimentazione.

La Peppina inizialmente veniva prodotta in quattro diversi colori, marrone, rosso, giallo, verde, a cui si aggiunsero nel corso degli anni il blu e il nero. Ebbe da subito un grande successo, il costo di 25’000 lire circa, pari alla metà delle più blasonate Faemina e Microcimbali, la rendeva più abbordabile per le tasche degli italiani. Fino al 1970 ogni esemplare era numerato progressivamente sotto la base e nel periodo tra il 1959 e il 1970 ne furono prodotti circa 100’000 esemplari. Successivamente la numerazione progressiva fu sostituita da anno e mese di produzione e la fabbricazione continuò fino al 1985, quando le mutate esigenze di mercato con l’introduzione delle macchine da caffè a pompa elettrica e l’incapacità della FE-AR di adeguarsi ai mutamenti ne determinarono la fine. Fu anche molto imitata, in Italia dalla CELP e dalla IMAS e in Francia dalla Comocafè, a cui la FE-AR fece anche causa.

L’originario modello realizzato da FE-AR (1959-60) è caratterizzato da una base larga e arrotondata e da una caldaia smaltata di piccole dimensioni. Il primo restyling (1960-1965) comporta la modifica della caldaia smaltata di forma più allungata e il corpo che contiene il pistone che si restringe verso il basso. Il modello successivo (1965) modifica la forma della base e della griglia di gocciolamento. Più tardi viene nuovamente modificata la forma della caldaia smaltata che rimarrà poi pressoché la stessa fino al termine della produzione (1965-1985). Era inoltre disponibile su questi modelli l’accessorio “vaporizzatore”, costituito da un coperchio munito di tubo per il vapore e avvitato ad un perno centrale inserito nella caldaia.

In conclusione possiamo affermare che il successo della Peppina è stato determinato dal fatto che aveva un design accattivante che la rende desiderata ancora oggi, era più economica delle concorrenti ed era una delle migliori macchine domestiche a leva mai prodotte come qualità del caffè estratto. Di contro abbiamo che la corrosione nel tempo dei componenti a contatto con l’acqua, la mancanza di ricambi, una manutenzione poco agevole, ne riducono la durata nel tempo e rendono difficile il reperimento di esemplari in perfette condizioni.