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La storia racconta che durante le guerre, o nei periodi che subito le seguono, a causa della impossibilità ad importare i prodotti, o per via del loro costo eccessivo, venivano utilizzati dei surrogati.
Durante la prima guerra mondiale, la flotta della Triplice intesa impediva l’arrivo di trasporti via mare in Germania; nacquero così molti surrogati, come la gomma sintetica, il benzene per il riscaldamento e un caffè ricavato dai fagioli arrostiti.
In Italia, durante la seconda guerra mondiale e anche prima, a causa dell’embargo della società delle nazioni e dell’autarchia, si cercò di produrre una serie di surrogati, come il carcadè (surrogato del tè), il caffè d’orzo o di cicoria.

 

 Milano, Industria Nazionale Surrogati Di Caffe’ Franck

 

I surrogati del caffè, hanno avuto un valore commerciale non indifferente: il consumo quantitativo dei surrogati era superiore a quello del caffè poiché durante la guerra e nel periodo fra le due guerre quest’ultimo era troppo costoso o addirittura introvabile. Secondo Paul Ciupka, esperto del caffè e dei suoi surrogati, le miscele aggiuntive o sostitutive, in Europa, sono vecchie quanto il caffè; nel 1949 scrive: “In Europa, quando il consumo di caffè, soprattutto quello quotidiano, prese sempre più piede, la maggior parte della popolazione si trovò a dover affrontare un sacrificio economico troppo grande. Inoltre, gli stati che non erano in grado di importare il caffè dale proprie colonie avevano tutto l’interesse di limitarne il consumo. Di conseguenza il caffè iniziò ad essere sostituito o allungato con prodotti più economici e soprattutto locali. Conducendo una ricerca gastronomico-letteraria, Paul Ciupka scopre una scrittura del 1705, dove vengono già menzionati alcuni nomi concreti di piante succedanee del caffè: “Alcuni usano preparare una polvere quasi identica al caffè ricavata da ogni sorta di piselli/fagioli/segale/grano/e bevuta da molti. Tuttavia, Il gusto e il valore nutritivo di quest’ultimo/ non sono neanche lontanamente paragonabili alla polvere/ottenuta allo stesso modo dai chicchi di caffè tostati/Anche se questa miscela in effetti è un prodotto salutare/da non disprezzare”.

 

I surrogati del caffè rientrano, quindi, nella storia culturale europea, nell’omonimo libro di Rita Dünebier si legge: “I surrogati del caffè, durante la guerra, quando il caffè in chicchi scarseggiava, ha sempre beneficiate di una congiuntura favorevole. Ma a partire dagli inizi del XIX secolo iniziò a consolidarsi un vero e proprio mercato di surrogati di notevoli dimensioni. Il caffè di cicoria, che Christian Gottlieb Förster nel 1770 iniziò a produrre con il privilegio concesso dal Re Federico e il caffè di malto ottenuto da malto di orzo e di segale divennero i principali concorrenti del vero caffè. A partire dagli inizi del XIX secolo entrambi i prodotti sostituirono il caffè durante i pasti quotidiani della popolazione rurale e della popolazione cittadina più povera.“
La lista delle piante che possono essere utilizzate per sostituire il caffè, è praticamente infinita. La letteratura in molti casi non è in grado di fornire indicazioni sulla diffusione dell’uso di talune piante. Probabilmente spesso venivano fatti anche solo singoli esperimenti. La lavorazione e tostatura delle rispettive sostanze determinano la bevibilità e il gusto della bevanda. La seguente lista è tratta da una pubblicazione del 1920 che suddivide i surrogati in quattro gruppi diversi: semi, frutti e parti di frutti, radici e rape e altre materie prime.
I surrogati più importanti, dal punto di vista quantitativo, sono sicuramente la segale, l’orzo, i fichi e la cicoria. In un articolo sulla produzione di surrogati del caffè, pubblicato in una rivista specializzata del 1934, si legge quanto segue:
“Nonostante per la produzione di miscele succedanee del caffè (…) sia possibile utilizzare un’infinità di materie prime, qui da noi si ricorre sempre e solo a 5 ingredienti base: caffè d’orzo, caffè di segale, caffè di malto, caffè di cicoria e caffè di fichi. Queste sostanze, utilizzate singolarmente, non sarebbero in grado di soddisfare il palato esigente dei consumatori”.

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Di Massimo Prandi

Massimo Prandi